Dopo aver parlato di fake news e come difendersi psicologicamente, passiamo a un tema apparentemente più leggero. Apparentemente.
Immaginate la scena: siete in giro per i fatti vostri, quando all’improvviso sentite vibrare il cellulare. Fin qui niente di straordinario, a meno che non abbiate l’ultimo modello di iPhone. Sì, quello che vi piace tanto tenere vicino a dove una volta c’era il vostro rene sinistro, che avete dovuto vendere per acquistarlo.
Ma quando allungate la mano verso la tasca o la borsa e prendete il telefono… colpo di scena! Con orrore vi accorgete che nessuno ha chiamato, né ci sono nuove notifiche. O, nel peggiore dei casi, NON C’È ALCUN TELEFONO! Roba da far accapponare la pelle ‘nsomma.
A chi non è mai successo qualcosa del genere? Stando alle statistiche, le percentuali di chi ha sperimentato questo fenomeno oscillano tra il 24,7% e l’89% dei possessori di cellulari.
Una buona parte di noi insomma. Le domande che ci siamo probabilmente fatti saranno state: ‘Cosa diamine è successo?’ ‘Perché è successo?’ Ma soprattutto: ‘Mi devo preoccupare?’
Un fenomeno, tanti nomi
Innanzitutto, iniziamo col dare un nome a questo bizzarro accadimento. Compito più arduo di quanto possa sembrare, perché la gente si è sbizzarrita ad assegnargli gli epiteti più disparati. Dal più ordinario sindrome della vibrazione (o squillo) fantasma, ai più creativi ringxiety (“ansia da squillo”), phonetom (composta da “phone”, telefono, e “phantom”, fantasma), fino all’impronunciabile fauxcellarm (“falso”, “cellulare” e “allarme”). Personalmente, preferisco il più generico e inclusivo phantom phone signals o PPS, letteralmente “segnali telefonici fantasma”. Con tutto il rispetto di chi si è spremuto per creare tutti quei portmanteau, ma almeno così evitiamo di morderci la lingua. Dunque PPS siano.
Ora, cerchiamo di capire cosa sono e perché accadono questi benedetti (o dannati) PPS.
Di allucinazioni e predizioni
Volendo essere concisi, i PPS non sono altro che allucinazioni tattili o uditive, causate da una discrepanza tra ciò che è il cervello percepisce come abituale e ciò che viene captato dai nostri sensi. Niente panico, nulla di necessariamente psichiatrico! Sono un tipo di allucinazioni non più gravi di quelle che potete sperimentare quando si è da poco tagliati i capelli o le unghie, ma per qualche tempo sentite ancora il “peso” dei capelli più lunghi, e quando ficcate l’indice nel naso, vi fa strano constatare che la sua capacità di rastrellare capperi è sensibilmente diminuita.
In altre parole, è come se il cervello si abituasse a tal punto a determinate stimolazioni, da finire col crearsi una sorta di modello predittivo sensoriale, col quale cerca di anticipare le informazioni che arrivano dagli organi di senso. Nel caso dei PPS, è come se tenesse “in caldo” i circuiti corticali che si attivano quando il telefono vibra o squilla davvero, così da essere pronto a rispondere a eventuali notifiche.
Ma a volte capita che, proprio in virtù del fatto che vibrazioni e squilli diventano qualcosa di abituale e atteso, questa inconsapevole attivazione anticipatoria finisce con lo “sparare” per sbaglio, attivando le cortecce sensoriali (somatosensoriali per il tatto, uditive per… beh, di sicuro non per l’olfatto), dando così origine ai PPS. Ma a volte, anche segnali simili a quelli di una vibrazione o squillo (un suono, uno strusciare dei vestiti vicino alla tasca…), possono far scattare queste attivazioni “indesiderate”. E come dei fessi andiamo a controllare i nostri cari dispositivi, salvo accorgerci che in realtà nessuno in quel momento ci ha… pensato. Hem.
Ok… ma c’è da preoccuparsi sì o no?!
Queste però sono solo delle ipotesi su quello che accade nel nostro organo preferito (preferito?) durante un PPS, che di per se è un fenomeno sfuggente e difficile forse da studiare con gli strumenti delle neuroscienze (fMRI, EEG, TMS ecc.). Ciò non ha comunque impedito a diversi ricercatori di esaminare il fenomeno da altri punti di vista, in particolare sulla possibile relazione tra PPS e fattori psicopatologici.
A tal proposito, arriviamo ora al nocciolo della questione: c’è da preoccuparsi?
Alcuni studi sembrano riportare delle lievi correlazioni tra frequenza di PPS e burnout lavorativo, stress, ansia da attaccamento e ansia e depressione somatica (ossia, con sintomi che colpiscono più il corpo, come mal di testa, dolori muscolari, tachicardia, iperventilazione), mentre altri non hanno trovato relazioni tra PPS e misure generali di ansia e depressione.
Un altro studio tutto italiano, che si è focalizzato su una popolazione di ben 2959 giovani tra i 9 e i 14 anni, ha invece riportato un’associazione tra PPS e difficoltà emozionali e relazionali, soprattutto tra ragazze più grandi.
Tutto questo significa allora che i PPS sono sintomi di una problematica psicologica? La risposta semplice è: NO. O meglio, non si sa con precisione: gli studi fatti in merito sono ancora pochi e piuttosto contrastanti. Sembra emergere una correlazione tra PPS e possibili problemi affettivo-emozionali, ma non è possibile considerare i PPS rigorosi fattori di rischio clinici di una patologia, che anzi, sono perlopiù benigni. Almeno sembra fino a ora. More research is needed!
Come ridurre i PPS? Qualche piccola strategia
Solitamente i PPS non destano particolare disagio, ma nel caso iniziassero a dare fastidio sia per frequenza che intensità, cosa è possibile fare per non sperimentarli più, o almeno ridurne l’occorrenza?
Strategie che sembrano funzionare sono disattivare le notifiche, cambiare la posizione abituale del telefono (es. portarlo in una borsa invece che in tasca), o averlo il più possibile lontano da se, o perlomeno non addosso. Infine, un’altra strategia che sembra funzionare è cambiare cellulare! Magari con il nuovo modello di iPhone, nel caso abbiate ancora quel rene di scorta…
Un ringraziamento particolare a Doomboy per avermi fornito lo spunto per questo articolo.
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